L’offerta di una stanza d’hotel a chi accetta di cenare nei ristoranti degli alberghi è una formula che si diffonde e che consente di recuperare un po’ di cassa, limitando i danni della pandemia
Dai Covid hotel al lancio di soluzioni “stay & dine”, gli albergatori escogitano nuove formule di ospitalità che consentano di recuperare un po’ di cassa e limitare i danni della pandemia.
Da un lato un supporto alla sanità, dall’altro un’esperienza da far vivere ad un ospite di prossimità: sono le due facce di un mondo che si adatta ai tempi.
Tra le tante proposte lanciate in queste ultime settimane, il Grand Hotel Palace di Ancona, che con il Wine Not? continua ad offrire il servizio di ristorazione agli ospiti dell’albergo e lancia la formula weekend, che include pernottamento e cena, dal venerdì alla domenica, a un prezzo speciale. L’hotel offre anche la possibilità di asporto del piatto cult.
Sulla stessa linea d’onda il pacchetto “Easy” del ristorante Antica Cantina Forentum, punto di riferimento per la tradizione gastronomica lucana nel centro storico di Lavello, che dà la possibilità di cenare e pernottare in una delle suite del suo albergo diffuso. Starhotels ha invece lanciato lo slogan “Fermati a cena da noi”, mentre per una fuga romantica a Firenze il Brunelleschi Hotel offre il pernottamento a chi prenota una cena stellata.
La crudezza dei numeri
Gli sforzi non devono però offuscare la visuale e i numeri dimostrano che il settore è in estremo affanno. Nei primi 10 giorni di novembre 2020 l’analisi della società di consulenza Str ha rilevato che su un campione di 139 hotel monitorati sul mercato di Milano hanno trasmesso i dati 82 strutture. «In altre parole – spiega Marco Malacrida, direttore Italia di Str – su un campione di 19.372 camere risultano attive nel periodo 9.884 camere; il tasso di occupazione delle strutture attive è stato mediamente del 10,8% contro l’83,2% dello stesso periodo 2019. Se si include la disponibilità delle strutture non attive, l’occupazione effettiva è del 5,5%, con una variazione percentuale rispetto all’anno precedente di -93,3%».
I ricavi relativi alla vendita delle camere, al netto di colazione e tasse, non lasciano spazio ad eventuali speranze: «Sono stati pari a 1,06 milioni di euro – spiega l’analisi – contro i 24,65 milioni dello stesso periodo del 2019, corrispondenti ad una variazione di -95,7%».
Conferma il quadro di chiusure l’analisi di Federalberghi. «Molti hotel sono chiusi da marzo ed altri, che tra giugno e settembre avevano riaperto, lanciando il cuore oltre l’ostacolo, sono stati costretti a chiudere nuovamente – avverte il presidente Bernabò Bocca –. La situazione purtroppo sta velocemente tornando ai tempi del lockdown primaverile, quando – pur in assenza di un obbligo di legge – la stragrande maggioranza degli alberghi fu costretta a chiudere».
Stefano Bonini, senior partner di Trademark Italia, aggiunge: «A chiudere sono soprattutto gli alberghi senza ristorante e ubicati nelle città d’arte e d’affari».Sull’operazione stay & dine il presidente degli albergatori precisa: «Al momento l’applicazione è limitata, anche perché il mercato è quasi completamente fermo. I casi che hanno fatto notizia in questi giorni sono sporadici».
Le prospettive future
Un fenomeno, però, che secondo Federalberghi non è da trascurare. «Le prospettive future appaiono molto interessanti – commenta Bocca –. Penso alla possibilità di aprire l’albergo al territorio, offrendo agli abitanti della città un bouquet di servizi, non solo il ristorante, ma anche il bar, la piscina, la palestra, il centro benessere. In Italia c’è l’idea che un albergo sia un elemento, in un certo senso, esterno alla città o al quartiere di cui, invece, è parte. Questo perché generalmente ospita residenti temporanei che provengono da fuori. In realtà l’hotel è parte integrante del tessuto urbano».
Secondo Bocca la sfida che si impone è quella di creare un rapporto nuovo con i vicini, «bussare alle loro porte per mostrare loro che possono attraversare la strada e trovarsi di fronte a possibilità finora inesplorate».Non sono pochi i casi, comunque, in cui queste esperienze si siano consolidate ed abbiano raggiunto livelli di eccellenza, basti pensare ai ristoranti stellati dei grandi alberghi, in cui da sempre si sperimenta la ristorazione di alto livello, o alle grandi hall che fungono da luogo d’incontro in occasioni di lavoro e di svago. E, ancora, l’utilizzo day use delle camere, per gli usi più svariati, dall’incontro d’affari al the con le amiche. Negli ultimi tempi, anche prima della pandemia, il mercato ha preso consapevolezza di queste opportunità, che appaiono suscettibili di sviluppo su scala più ampia. “Si tratta di un obiettivo al quale Federalberghi lavora da anni – sottolinea il presidente – promuovendo l’adozione di normative che favoriscano la trasformazione flessibile degli spazi alberghieri». Sui vantaggi di un’operazione commerciale come lo stay & dine Bonini di Trademark esprime il suo giudizio: «Dipende da diversi fattori, soprattutto dal principio di partenza: utilizzare il ristorante come elemento valoriale per attirare in hotel i clienti e far vivere un’esperienza alberghiera a tutto tondo a prezzo promozionale così da creare un rapporto speciale con la community locale ha un senso. Diverso è l’atteggiamento di fare cassa sfruttando il fatto di avere le camere, dandole anche gratis, per vendere qualche cena in più. Le soluzioni più interessanti provengono dagli hotel che hanno un ristorante gourmet».
FONTE ilsole24ore.com di Laura Dominici